giovedì 1 maggio 2014

Gli europei di Hollywood

Hollywood è ormai da decenni la Mecca del cinema internazionale, oltre che americano. Numerose e splendenti sono le star che ne fanno parte e che la popolano, la maggior parte di queste statunitensi, come è normale che sia. Tanti però sono anche gli attori e le attrici europei che in tempi recenti sono entrati a far parte del firmamento hollywoodiano.
 
 


Oscar 2008, momento storico: solo europei i vincitori nelle quattro categorie principali. Da sinistra, l'inglese Daniel Day Lewis Miglior Attore Protagonista per "Il petroliere", la scozzese Tilda Swinton Migliore Attrice non protagonista per "Michael Clayton", la francese Marion Cotillard Migliore Attrice Protagonista per "La vie en rose" e lo spagnolo Javier Bardem Miglior Attore non protagonista per "Non è un paese per vecchi".
 
 
Naturalmente, la storia del cinema europeo negli Usa ha origini nei tempi più antichi, quando il cinema era ancora un neonato dalle grandi speranze: basti pensare a registi come Lubitsch e Lang, stelle come Charlie Chaplin, Vivien Leigh, Jean Gabin, Greta Garbo. Più recentemente troviamo Marcello Mastroianni, Sophia Loren, Maggie Smith, Vanessa Redgrave, Alain Delon, Jean-Louis Trintignant, Ingrid Bergman.
Oggi molti sono gli attori europei accolti ad Hollywood che, invece che attenuare le proprie origini al contrario le esaltano, facendone una caratteristica della propria recitazione ma non rimanendone comunque schiavi. Ecco alcuni esempi di attori europei che amo molto e che Hollywood ha avuto la fortuna di conoscere.
 
Nell'area tedesca, troviamo quattro attori che, una volta notati, gli americani non si sono fatti scappare.
Christoph Waltz è il mio preferito: austriaco che parla fluentemente inglese e francese, ha usato questa sua capacità più volte nei film hollywoodiani ai quali ha preso parte. Lavora in Europa da decenni, ma il mondo si accorge di lui con "Bastardi senza gloria" e il suo terribile personaggio, il colonnello delle SS Hans Landa: risultato, un Oscar (e tutti gli altri premi esistenti nella categoria Miglior Attore non protagonista) e Premio al Miglior Attore a Cannes. Poliglotta anche in "Django Unchained", che lo lega ancor più a Quentin Tarantino (come potrebbe Quentin farselo scappare?) e gli regala il secondo Oscar, recita con un perfetto accento newyorkese degno di Woody Allen in "Carnage" di Polanski, la sua terza interpretazione dopo Schultz e Landa che adoro di più.
Raffinato, preciso, elegante, europeo quanto basta e fiero di esserlo, felice di Hollywood, una volta ha detto "Un mio amico mi ha detto di fare attenzione, che ad Hollywood mi avrebbero spremuto come un limone. Beh, a me piace stare lì e succo da vendere ne ho ancora molto...": la sua provenienza lo ha gratificato e aiutato senza oscurarne l'internazionalità.
Daniel Bruhl è il secondo: appena trentenne ma già attore esperto, ricordo di averlo conosciuto con "Good bye, Lenin!", film stupendo, da proiettare in tutte le scuole. Ancora molto legato al suo continente di provenienza (è perfettamente europeo, essendo per metà tedesco e per metà spagnolo), in America si sta facendo strada, come dimostrano film come "Rush" e "Bastardi senza gloria", nel primo nella parte di austriaco, nel secondo nella parte di tedesco: europeo nei ruoli, internazionale nella fama.
Terzo è Michael Fassbender: tedesco da parte di padre e irlandese da parte di madre, pienamente europeo anche lui, trova la sua giusta visibilità internazionale grazie al legame con il regista Steve McQueen, che gli affida ruoli centrali in tre dei suoi film, tra cui "Shame" che gli vale la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia. Brad Pitt, che lo ha conosciuto su set di "Bastardi senza gloria", disse di lui "E' un grande, questo ragazzo farà grandi cose": ed eccoli insieme in "12 anni schiavo", di cui Brad è produttore e in cui si è riservato un piccolo ma importante ruolo nella vicenda di Solomon Northup, e in cui Fassbender è un magnificamente terribile padrone, Edwin Epps, ruolo che è valso al bel Michael una candidatura agli Oscar come attore non protagonista. Scommetto che Pitt abbia scelto personalmente Fassbender, in memoria delle sue parole...
Quarta ma non meno importante è una donna, la bella è brava Diane Kruger: tedesca nei lineamenti e nel nome, ha partecipato a produzioni americane, francesi, tedesche, spagnole senza alcun problema, alcune volte sottolineando la sua provenienza (vedi "Bastardi senza gloria", dove è Bridget von Hammarsmarck, una stella del cinema hitleriano, o "Io e Beethoven", dove interpreta una giovane compositrice austriaca), altre volte nascondendola così bene che quasi ci si dimentica, ad esempio in "Troy", dove interpreta al meglio una bellezza greca come Elena di Troia.
 
Nell'area francese, i miei miti sono tutte donne, partendo dalla divina Marion Cotillard: oltre alla sua bellezza semplice e naturale, a farla una grande attrice è la bravura e la dedizione che infonde nelle sue interpretazioni, prima fra tutte il ritratto di Edith Piaf in "La vie en rose", film francese ma internazionale, che infatti le regala il suo primo - spero - meritatissimo Oscar. La sua provenienza francese si esprime in film quali "Amami se hai il coraggio" e "Una sapore di ruggine e ossa", ma non è un marchio indelebile, infatti non si nota in grandi ruoli ricoperti ad Hollywood: "Inception", "Nine", "Il cavaliere oscuro - Il ritorno" e "Contagion". Sfoggia la sua "francesità" (esisterà questo termine?) con grazia e garbo, come se dicesse al mondo "Je suis francaise, mais je peux faire tout!".
Più francese è Mélanie Laurent ma non per questo meno internazionale: è una vera perla che non aspetta altro che un bel gioiello d'oro in cui essere finalmente incastonata per essere sfoggiata nel migliore dei modi. Le sue interpretazioni ne "Il concerto", nel ruolo della violinista Anne-Marie Jacquet, e in "Vento di primavera" sono prettamente francesi ma visibili anche all'estero, ma è con "Bastardi senza gloria", dove interpreta Shoshanna - quella che secondo me potrebbe essere considerata una delle più belle eroine del cinema contemporaneo -  e "Now you see me", nel ruolo di una detective, che Melanie va all'estero, sempre fiera delle proprie origini.
Che dire di Audrey Tautou? Il francesissimo "Il favoloso mondo di Amelie" le ha regalato immediata visibilità internazionale, che è continuata con l'altrettanto francesissimo "Coco avant Chanel" e si è affermata definitivamente con "Il codice Da Vinci" di Ron Howard, che ha come caratteristica quella di scegliere un cast molto variegato quanto a nazionalità.
Completa il gruppo Lea Seydoux, la più giovane, che pur con i francesi "La vie d'Adele" e "La bella e la bestia" si è fatta ben notare in America, dove aveva già lavorato per importanti produzioni come "Robin Hood", "Bastardi senza gloria" e "Midnight in Paris", sempre nel ruolo di una francese, ma senza che ciò la limitasse.
 
Per la Spagna, è una coppia a rappresentare il cinema: Javier Bardem e Penelope Cruz, premi Oscar nel 2008 lui e nel 2009 lei, entrambi nella categoria dei non protagonisti. Io li ho adorati in "Vicky Cristina Barcelona" di Woody Allen, film che ha regalato l'Oscar a Penelope: i due interpretano due spagnoli, un marito e una moglie (profetico!) molto particolari. La loro nazionalità è fondamentale per questo film, ma non li lega esclusivamente a ruoli spagnoli: Javier possiamo vederlo in "Non è un paese per vecchi", che gli è valso l'Oscar, "The counselor", "To the wonder", "L'ultimo inquisitore", grandi produzioni internazionali, e contemporaneamente in perle del cinema spagnolo come "Biutiful", "Carne tremula" e "La teta y la luna". La sua provenienza è sfruttata al meglio dai registi che lo dirigono, ma non lo rende solo un interprete spagnolo.
La bella Penelope, durante il suo discorso d'accettazione dell'Oscar, ha detto "Vengo da un piccolo paese in cui questa cerimonia [la Notte degli Oscar] era vista come un sogno irraggiungibile e io stessa stavo in piedi tutta la notte per poterla vedere": il suo sogno si è avverato, grazie alla sua bravura e alla sua figura di attrice internazionale, che anche in Italia, come dimostra "Non ti muovere" di Castellitto, ha avuto grande fortuna. "Nine", "Venuto al mondo", "Bandidas", "The counselor", "Pirati dei Caraibi" l'hanno proiettata nel panorama internazionale, sfruttando certe volte la sua nazionalità, che lei usa come una propria caratteristica costruttiva e non limitativa.
 
L'Europa del nord ha i suoi degni rappresentanti in tre attori che mi piacciono molto: Noomi Rapace e Stellan Skarsgard, svedesi, e Mads Mikkelsen, danese.
Noomi Rapace si è fatta notare nel, seppur svedese, film internazionalmente noto "Uomini che odiano le donne", tratto dal best seller del connazionale Stieg Larsson, dove interpreta una perfetta Lisbeth Salander: ha vestito i suoi panni anche negli altri due film della trilogia, "La ragazza che giocava col fuoco" e "La regina dei castelli di carta". Hollywood, stregata dal primo film, ne ha subito prodotto una sua versione (meno bella a mio parere) con protagonisti Daniel Craig e Rooney Mara. Noomi intanto (spagnola da parte di padre), continuando a recitare in produzioni europee come lo struggente "Beyond", approda a Hollywood con film quali "Sherlock Holmes - Gioco di ombre", "Dead Man Down" e "Prometheus": la sua nazionalità non è evidenziata e anzi riveste perfettamente i panni di una gitana proprio in "Sherlock Holmes".
Stellan Skarsgard è onnipresente, specialmente negli ultimi decenni: la sua partecipazione a film internazionali, iniziata con "Will Hunting", non si arresta più. Lo vediamo in "Thor", "Melancholia", "Amistad", "Mamma mia!", "Angeli e demoni", "Millenium", "Pirati dei Caraibi": sempre ruoli secondari, ma importantissimi e magnificamente interpretati. La sua provenienza nemmeno si nota.
Mads Mikkelsen, che ho adorato ne "Il sospetto" (titolo originale sarebbe "La caccia", molto più appropriato) e che gli è valso il Premio per il Migliore Attore al Festival di Cannes, esordisce al cinema già a livello internazionale, con il primo film della trilogia "Pusher". Continua nel cinema nazionale e stringe sempre di più i rapporti con Hollywood, che si notano con la sua partecipazione a "Casino Royale", "I tre moschettieri", "Scontro fra titani" e la riuscitissima serie tv "Hannibal", nelle vesti del temibile dottor Lecter: una trasposizione che rispetta molto il romanzo dal quale è tratta.
 
Per quanto riguarda la terra di Sua Maestà, gli esempi sono davvero troppo numerosi, anche per la maggiore facilità degli attori britannici di approdare al cinema americano per la vicinanza della lingua. Ma guai a confondere un inglese con un americano! Mi limito ad indicarne i nomi e il perchè mi piacciono tanto.
James McAvoy, Ewan McGregor e Tilda Swinton, scozzesi, sono ormai delle icone internazionali: il primo è indimenticabile in "Espiazione", il secondo in "Moulin Rouge", e la fantastica Tilda è un'indimenticabile Strega Bianca ne "La cronache di Narnia", ma tanti altri sono i ruoli nei quali stanno a meraviglia.
Tipicamente londinesi sono Daniel Day Lewis, Benedict Cumberbatch, Rebecca Hall, Paul Bettany e Emily Blunt: Daniel Day Lewis è l'unico attore nella storia ad aver vinto tre Oscar nella stessa categoria, quella per il Miglior Attore Protagonista: le sue interpretazioni impeccabili ne "Il mio piede sinistro", "Il petroliere" e "Lincoln" gli hanno permesso di conquistare questo meritatissimo primato; Benedict Cumberbatch, perfettamente calato nel ruolo del suo concittadino Sherlock Holmes nell'omonima serie tv, negli ultimi anni è diventato patrimonio internazionale, come dimostra il suo ruolo in "12 anni schiavo"; Rebecca Hall, figlia di un regista shakespeariano e cresciuta in quel mondo, si ormai affermata anche ad Hollywood, come dimostrano "The prestige", "Vicky Cristina Barcelona", "Iron Man 3" e "Transcendence"; Paul Bettany è un perfetto monaco spagnolo ne "Il codice Da Vinci", un tennista inglese in "Wimbledon", una visione americana in "A beautiful mind"...cosa non può fare? Emily Blunt, infine, è una splendida regina Vittoria in "The young Victoria", ma anche un'isterica segretaria newyorkese ne "Il diavolo veste Prada": perfetta.
Londinese è anche la bella Rachel Weisz, di origini ungheresi da parte di padre e austriache da parte di madre, quindi tipicamente europea, ma nota a livello internazionale: la sua vittoria di un Oscar per "The Constant Gardener" ne è la prova.
Fieramente britannici sono Kate Winslet, Ralph Fiennes, Emma Watson, Keira Knightley, Colin Firth e Daniel Craig; fantastici tutti, famosissimi in tutto il mondo: l'Oscar per "The Reader" è solo la punta di diamante della carriera della splendida Kate Winslet; Ralph Fiennes è un interprete sublime, indimenticabile in "Schindler's List" e nella saga di "Harry Potter"; Emma Watson, da bambina prodigio di "Harry Potter", ha saputo gestire la sua carriera, ancora agli inizi ma già importante, in maniera eccellente, continuando gli studi e vivendo in maniera tranquilla e la sua carriera in fiore è il risultato; Keira Knightley è patrimonio nazionale, una splendida attrice che Hollywood non si è fatta scappare, come "Pirati dei Caraibi", "Anna Karenina", "A Dangerous Method" e tanto altro dimostrano; Colin Firth è un perfetto gentleman, tipicamente inglese, e la sua interpretazione del re Giorgio VI ne "Il discorso del re" è stata impeccabile, da Oscar, ma Colin non si ferma a questo; Daniel Craig, l'ormai affermato James Bond, visita spesso Hollywood, come si vede da "Millennium", "Era mio padre", "Munich".
Gallese è il meraviglioso Christian Bale, uno dei più bravi e versatili attori in circolazione: le produzioni internazionali spaziano dallo spagnolo "L'uomo senza sonno" (con i suoi 25 chili persi è spaventosamente bravo), al tedesco "L'alba della libertà", al cinese "I fiori della guerra", fino agli americanissimi "The prestige", la trilogia del Cavaliere Oscuro di Nolan, "The Fighter", che gli ha donato il suo primo Oscar, "L'impero del sole", in cui recita ad appena 13 anni diretto da Spielberg, "American Psycho", nei panni del terrificante newyorkese Patrick Bateman.
Irlandese ma nata a New York è infine Saoirse Ronan, giovanissima attrice destinata a fare una lunga carriera: apparsa in "Espiazione" a soli 13 anni, partecipa a grandi produzioni quali "Houdini - L'ultimo mago", "Amabili resti" e "Gran Budapest Hotel". La sua magnifica strada è appena cominciata.
 
Quanto all'Italia, due bravissimi attori non sono indifferenti al fascino del cinema internazionale: Valeria Golino e Pierfrancesco Favino. La bella napoletana Valeria ha recitato accanto a Tom Cruise e Dustin Hoffman (!!!) in "Rain Man", accanto a Tim Roth in "Four Rooms", con Salma Hayek in "Frida" e molto altro ancora, senza interrompere la sua fulgida carriera italiana.
Pierfrancesco Favino è uno dei miei attori italiani preferiti: "Una notte al museo", "Angeli e demoni", "Le cronache di Narnia", "Rush", "Miracolo a Sant'Anna" dimostrano come la sua bravura sappia valicare i confini nazionali, senza confinarlo a ruoli tipicamente italiani.
 
L'Europa è una fucina di talenti che il mondo non può dimenticare.